La moda, dagli esordi a oggi, come non ve l'ha mai raccontata nessuno

Andrea Batilla e il suo Instant Moda

La moda, dagli esordi a oggi, come non ve l'ha mai raccontata nessuno
Federico Galli
Di Federico Galli

Andrea Batilla non conosce le mezze misure, o lo ami o lo odi.

La nostra amicizia è nata qualche anno fa.

Dopo tante chiacchere davanti a un caffè, oggi ho l'occasione unica di presentarvelo e porgli alcune domande, quasi come io fossi un giornalista e quasi come questa fosse una vera intervista.

Ma chi è Andrea Batilla? La sua prima esperienza lavorativa è nel 1991, quando inizia a occuparsi di tessuti da Romeo Gigli. Successivamente, fino al 2003, varie collaborazioni come consulente creativo con molte aziende e brand tra cui Trussardi, Cerruti, Les Copains, Alberto Aspesi, Bottega Veneta.

Nel 1999 inizia la collaborazione con l’Istituto Europeo di Design di Milano prima come docente e coordinatore didattico, poi come direttore di IED Moda Milano per cinque anni. 

Nel 2009 crea la Piattaforma Sistema Formativo Moda, associazione che raggruppa le più importanti scuole di moda italiane. Non contento, fino al 2016 è fondatore e co-direttore uno dei primi magazine indipendenti italiani, PIZZA, semestrale cartaceo e pizzadigitale.it, quotidiano online che riunisce i giovani talenti creativi di Milano nelle aree della moda, design, fotografia e arte.

Dal 2010 si occupa di Direzione creativa, brand storytelling e comunicazione del prodotto.

Vanta collaborazioni con la Camera Nazionale della Moda Italiana al coordinamento del Tavolo sulla Formazione e alla direzione creativa di Milano Moda Graduate e, siccome non era abbastanza, ha scritto e scrive di moda su linkiesta.it e vogue.it. A Novembre 2019 arriva il suo esordio letterario con Instant Moda - La moda, dagli esordi a oggi, come non ve l'ha mai raccontata nessuno - pubblicato dalla casa editrice Gribaudo.

 



Qual è il personaggio che hai raccontato con più piacere?
Il personaggio che ho raccontato con più piacere non riesco a identificarlo. Sono stato molto attratto dalle figure femminili della prima parte del secolo: Madame Grès, Jeanne Lanvin, Madeleine Vionnet, Elsa Schiaparelli e Gabrielle Chanel. Tutte loro, in modi diversi, sono state delle rivoluzionarie prima come donne e poi come creative. Tutte hanno lavorato sull’emancipazione della donna, alcune aderendo alle prime rivoluzioni sindacali, altre favorendo l’ingresso al lavoro delle donne non sposate, altre semplicemente restituendo un’immagine di sé forte e identitaria senza bisogno di un uomo. Madame Grès ha addirittura vissuto tutta la sua vita con una compagna/socia in tempi in cui l’omosessualità non era neanche lontanamente concepibile. Ma ognuna di loro ha anche portato delle innovazioni così radicali nella storia della moda che ancora oggi ne beneficiamo: l’uso dello sbieco di Vionnet, lo sportswear di Schiaparelli, la maglieria e il jersey di Chanel, i colori di Lanvin, l’arte del drappeggio di Grès.


Quale invece il più "difficile"?
Il personaggio più difficile è stato senza dubbio Giorgio Armani. Su di lui non è mai stata esercitata una vera azione critica. Ancora oggi è considerato l’inventore dell’uniforme della donna lavoratrice, quello che vestendo la donna da uomo l’ha aiutata a raggiungere ruoli di potere prima impensabili. La verità è probabilmente molto più articolata ed è necessario, per capire il successo di Armani, riflettere su quanto il suo stile sia stato un ancora al buon gusto borghese codificato, in un tempo (gli anni 80) in cui erotismo e cattivo gusto stavano scalando le classifiche di vendita. Armani ha dato a una generazione di donne prima di tutto l’illusione di vivere ancora in un mondo ordinato in cui le regole venivano rispettate mentre la realtà intorno a loro si stava frantumando.


Come mai il tuo libro sta avendo così successo? Hai solo tanti amici e parenti?
Ancora non sappiamo l’entità del successo editoriale del libro in maniera precisa ma siamo certi che ci sia molto bisogno di libri che raccontino e riflettano sulla moda, uno dei settori più economicamente  e culturalmente fertili del nostro paese.


Io e te ci conosciamo da tanti anni: secondo te il tuo essere così diretto e senza filtri/compromessi ti ha creato più problemi o più opportunità?
Bella domanda. Il mio essere senza filtri più che problemi credo abbia creato un’immagine di me di persona che si arrabbia facilmente e che conseguentemente ha pochi freni verbali. In parte è vero e in parte no: io odio la staticità, lo status quo, l’immobilismo, la paura di cambiare e di fronte a persone o istituzioni che dovrebbero avere un ruolo di guida e che invece si lasciano andare all’indifferenza non riesco a trattenermi. Solo che l’Italia è anche un paese molto perbenista, con una tradizione di buonismo di matrice cattolica e che continua a rifiutare la meritocrazia come la peste.


Come si risolve la crisi di contenuti in cui sembra sprofondata la moda di oggi?
Non credo che la moda di oggi sia in crisi di contenuti. Penso che gli orizzonti siano molto diversi da quelli di 10 anni fa e che sia più difficile decodificare il presente. Ma oggi ci sono molti esempi luminosi di designer che stanno facendo percorsi straordinariamente interessanti: penso a Marine Serre, A.W.A.K.E., Dion Lee o Y Project. E ovviamente il mio pupillo Marco Rambaldi.
Molti di loro lavorano su un’idea di cattivo gusto totalmente antiborghese che ha una forza dirompente quasi punk. Ma come tutte le rivoluzioni ci vuole tempo perché vengano assorbite dal senso comune.


Sei mai stato vittima della censura di qualche editore? Ci racconti un aneddoto?
Non sono mai stato vittima di censura perché, a parte me stesso, ho avuto pochissimi editori. Diciamo che un direttore di una testata online voleva che scrivessi un pezzo semi scandalistico su Franca Sozzani. Ho semplicemente smesso di collaborare con loro.


Qual è il designer di oggi che ti piace di più? Quale il più sottovalutato? E il più sopravvalutato?
Allora. Il designer più sopravvalutato penso che sia Demna Gvasalia, oggi direttore creativo di Balenciaga. Mi sembra che sia solo uno che vive nel presente e che sa che ogni mossa deve riportare un risultato commerciale. Non che sia semplice ma non è neanche geniale. Il designer più sottovalutato è una donna: Phoebe Philo. Cosa ci fa senza lavoro il personaggio più influente dell’ultimo decennio?


Come mai in Italia il sistema moda "non fa sistema"? Il nostro destino è nelle mani degli investitori stranieri?
In Italia la moda fa sistema quando trova un leader attorno al quale concentrare le proprie forze. Non ne vedo al momento.


Secondo te oggi la moda è ancora di moda?
No. La moda non è più di moda da molto. Per fortuna direi. È tornata a occuparsi di sé stessa e non di altro.


Hai dedicato il tuo libro a delle  donne speciali. Mi piacerebbe sapere qual’e il più grande insegnamento che hai ricevuto dalle donne.
Ho dedicato il mio libro solo a donne perché penso ci sia ancora molto bisogno di riflettere sulla condizione femminile. Non tanto per una fantomatica idea di parità di genere quanto invece per capirne e accettarne le peculiarità e le problematicità. Le donne sono costruttrici di concretezza, magneti affettivi, risolutrici di problemi ma anche fortissimi oggetti erotici. Questa loro ambivalenza che in realtà è così fruttuosa le ha confinate per molto a ruoli di secondo piano e spesso solo al ruolo di vittime. È tempo che questa narrazione cambi e che si capisca, anche nell’ambito creativo, che l’approccio femminile e quello maschile sono diversi ricordandoci che la “psicopatologia della vita quotidiana” non è un libro scritto da una donna per le donne ma esattamente il contrario.

 

 

 

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